domenica 26 aprile 2009

Civili iracheni: chi li ha visti?

Hillary Clinton, segretario di Stato statunitense, è giunta il 25 aprile a Baghdad. Visita a sorpresa ai militari statunitensi, in seguito agli attentati (150 morti in due giorni), che hanno funestato il già precario equilibrio iracheno. La Clinton ha escluso il ritorno a conflitti interconfessionali all’interno del paese, nonostante gli ultimi, recenti, attentati suicidi. Intanto, a Washington, si prepara il ritiro delle truppe dall’Iraq entro la fine del 2011.

Il conflitto iracheno è stato uno degli eventi mediatici per eccellenza degli ultimi anni. Abbiamo visto di tutto: la conferenza stampa dell’allora presidente Bush che annunciava l’entrata in guerra, l’arrivo dei militari a Baghdad, qualche spettacolare bombardamento notturno. E poi abbiamo visto la statua di Saddam cadere giù, tra il clamore della piazza.

Quelli dimenticati dai telegiornali sono loro, i civili iracheni. Raccontare la vita delle persone, sentire le loro voci, dare spazio alle loro storie, riuscire a raggiungerle con le telecamere è difficile in ogni conflitto. E, nel caso dell’Iraq, non solo i giornalisti hanno avuto vita dura. Medici senza Frontiere denuncia la complessità dell’azione umanitaria sul territorio.

Dal 2003, anno d’inizio del conflitto, diverse organizzazioni umanitarie indipendenti hanno arrancato per guadagnare terreno ed estendere il loro raggio d’azione sul territorio iracheno. Ma la loro azione è stata, ed è ancora, altamente compromessa. Molti attori politici e militari, infatti, hanno tentato di utilizzare per i loro scopi l’azione umanitaria internazionale: associazioni e volontari sono stati oggetto di sanguinosi attacchi, che hanno impedito loro di agire per fornire alla disastrata popolazione irachena tutto l’aiuto del quale si aveva bisogno.

Anche un’organizzazione ben piazzata, e fortemente professionalizzata come Medici Senza Frontiere, è stata costretta, nel 2004, a ritirare i suoi operatori, al fine di garantire la loro incolumità. Solo dal 2008 ha potuto intraprendere nuovi, urgenti e necessari interventi umanitari.

La guerra in Iraq ha provocato lo sfollamento di quattro milioni di persone. Due milioni, secondo l’alto Commissariato dei Rifugiati Onu, e il Centro di Monitoraggio sullo Sfollamento Interno del Consiglio Norvegese per i Rifugiati sono gli iracheni che sono bloccati nel paese.

La sicurezza, negli ultimi mesi, è leggermente migliorata e anche la situazione politica sembra viaggiare verso un difficile e agognato tentativo di stabilità. Ma come dimostrano anche le cronache di questi ultimi giorni, molti vivono ancora sotto lo spettro della violenza. Gli attentati e gli scontri fra fazioni lasciano dietro di loro una striscia di sangue: morti e lesioni che hanno bisogno d’interventi medici tempestivi e cure immediate. Nonostante il governo iracheno abbia fatto del suo meglio per migliorare i servizi sanitari, sono migliaia gli iracheni che ricevono scarsa, o nessuna assistenza sanitaria.

Questa situazione è il frutto di anni di abbandono dei servizi sanitari: le cure di base latitano, così come i medici, molti dei quali hanno lasciato il paese per il timore di uccisioni e rapimenti.
Molte sono le associazioni umanitarie che, negli ultimi anni stanno affrontando il problema iracheno. Chissà se i civili riusciranno a guadagnare, più che un posto nei telegiornali, quella stabilità che potrà garantire loro una corretta transizione verso la democrazia.



Visualizza Medici Senza Frontiere sul territorio iracheno in una mappa di dimensioni maggiori
Who has seen Iraqi civilians?


Hillary Clinton, Secretary of State, arrived April 25 in Baghdad. A surprise visit to the U.S. military, following the bombings (150 dead in two days), which have ravaged the already precarious balance of Iraq. The Clinton administration has ruled out a return to interfaith conflicts within the country, despite the recent suicide bombings. Meanwhile, Washington is preparing for the withdrawal of troops from Iraq by the end of 2011.


The Iraqi conflict has been one of excellence for media events of recent years. We saw everything: the press conference of the President Bush announcing the entry into the war, the arrival of the military in Baghdad, a spectacular night bombing. And then we saw the statue of Saddam falling down, from the clamor of the square.


Those broadcasts are forgotten by is them, the Iraqi civilians. Telling the life of the people, hear their voices, to give space to their stories, to reach them with the cameras is difficult in any conflict. And, in case of Iraq, not just the journalists have had it hard. Medicines Sans Frontierès condemns the complexities of humanitarian action on the ground.


Since 2003, the year of commencement of the conflict, several independent organizations have worked hard to gain ground and extend their range of action on Iraqi territory. But their action was, and still is, highly compromised. Many political and military actors, in fact, have tried to use for their purposes the international humanitarian associations and volunteers have been bloody attacked, which prevented them from acting to provide the affected people of Iraq all the assistance which is needed.


Even a well-placed, and highly professional organization as Medicines Sans Frontierès, was forced in 2004 to withdraw its workers to ensure their safety. Only in 2008 was able to undertake new, urgent and necessary humanitarian intervention.


The war in Iraq has caused the displacement of four million people. Two million, according to top UN High Commissioner for Refugees, and the Center for Monitoring of IDPs in the Norwegian Council for Refugees, is the Iraqis who are stuck in the country.


Security in recent months is slightly improved, and also the political situation seems to travel across a difficult way for stability. But as demonstrated by the news of recent days, many still live under the specter of violence. The attacks and clashes between factions leaving behind them a strip of blood: deaths and injured in need of timely medical intervention and immediate care. Despite the Iraqi government has done its best to improve health services, there are thousands of Iraqis who receive little or no health care.


This situation is the result of years of neglect of health services: the basic health care for inaction, as well as doctors, many of whom have left the country for fear of killings and kidnappings.


There are many humanitarian organizations that in recent years are facing the problem of Iraq. Who knows whether civilians will be able to earn more than a place in television news, the stability that will ensure them a smooth transition to democracy.